CANE STA A LUPO COME CAVALLO STA A... TARPAN

Articolo di Simone Zoccante

Pubblicato il 13 Maggio 2020

Se facessimo un gioco e provassimo a trovare i corrispettivi selvatici dei nostri animali domestici, arrivando al cavallo avremmo forse qualche piccola difficoltà.
Il motivo? I cavalli selvatici non esistono, o meglio non esistono più.
Né i fieri Mustang delle pianure nordamericane né i primitivi cavalli di Przewalski possono essere considerati dei veri e propri cavalli selvatici.

In questo video vedremo più da vicino la storia della domesticazione del cavallo, un percorso lungo e per molti versi ancora misterioso che ebbe inizio tra i 5 ed 6 mila anni fa.
Faremo la conoscenza dei Tarpan, gli antichi cavalli selvatici che tanto affascinarono i nostri antenati, e scopriremo le tappe che portarono questi indomiti perissodattili a diventare i cavalli che tutti conosciamo oggi.

Facciamo un gioco: per ogni animale domestico proviamo a trovare un suo corrispettivo selvatico.
Se dico cane la risposta è lupo, se dico gatto la risposta sarà gatto selvatico, se dico gallo la risposta è gallo Bankiva, per anatra la risposta è germano reale, per maiale è cinghiale…. e per cavallo?
Cavallo selvatico direste.
Solo che c’è un problema… i cavalli selvatici non esistono, o meglio non esistono più.

Ma come? e i Mustang non sono selvatici? e i cavalli della Giara e della Camargue? e i cavalli di Przewalski? con quel loro pelo ispido ed il loro look da era glaciale non possono non essere selvatici!

Procediamo con ordine e vediamo più da vicino la storia evolutiva del cavallo.
Innanzitutto da dove derivano i cavalli domestici?
Tutto iniziò nel Pleistocene. Circa 30.000 anni fa i cavalli selvatici cominciavano a fare a loro comparsa sui muri delle caverne europee raffigurati mentre galoppavano assieme a mammuth, rinoceronti lanosi, cervi giganti, bisonti e leoni della steppa.
A quel tempo i cavalli erano selvatici proprio come tutti gli altri animali presenti sul pianeta. Solo i cani avevano cominciato il lungo processo che avrebbe portato alla loro completa domesticazione e trasformazione.

I cavalli selvatici dell’epoca erano piuttosto diversi dai cavalli moderni.
Erano piuttosto piccoli e robusti. Nulla a che vedere con gli eleganti e slanciati cavalli arabi e spagnoli che possiamo cavalcare in qualsiasi maneggio al giorno d’oggi.
I cavalli selvatici eurasiatici o Tarpan (Equus ferus ferus) erano animali adattati alla dura vita che si faceva nelle steppe dell’era glaciale, sferzate da gelidi venti, con risorse di cibo non sempre facili da reperire ed infestate da leoni e iene delle caverne, leopardi, tigri dai denti a sciabola, lupi della megafauna ed ovviamente Homo sapiens.

Il loro aspetto ricordava molto gli odierni cavalli di Przewalski (su cui ci torneremo più tardi). Corpo compatto, collo forte e muscoloso testa robusta e squadrata, gambe forti e tozze e pelo ispido ed arruffato.
In particolare riguardo al colore del loro pelo c’è una curiosità piuttosto interessante: era di fatti piuttosto vario. Il colore del loro mantello si chiama “falbo”, una tonalità che presenta parecchie varianti di valico: alcuni esemplari erano falbi grigi, altri falbi gialli e altri ancora falbi rossi. Poi c’erano gli esemplari sauri (ovvero di un castano rossastro scuro) ed altri morelli (grigi o marroni molto scuri, quasi neri). Altri ancora erano bianchi o grigi molto chiari chiazzati di nero o grigio scuro, una particolare colorazione chiamata “leopard complex”. Erano a volte presenti anche delle zebrature, soprattutto sulle gambe anteriori. Siamo in grado di sapere tutte queste informazioni grazie alle pitture rupestri dei nostri antenati che come dei reporter hanno immortalato la realtà che vedevano sulle pareti delle caverne dimostrando non solo una grande perizia artistica unita ad un grande spirito di osservazione, ma anche il profondo rapporto che li legava alla fauna selvatica ed ai cavalli in particolare.

LA DOMESTICAZIONE DEL CAVALLO

E’ proprio questo profondo rapporto che mosse i nostri antenati ad addomesticare per la prima volta i cavalli circa 8000 anni fa.
All’inizio i cavalli erano allevati come bestiame principalmente per la loro carne. La domesticazione sarebbe iniziata con dei puledri o esemplari giovani tenuti domati e tenuti in cattività per venire poi macellati una volta adulti. Successivi stadi del processo di domesticazione avrebbero visto questi puledri cominciare ad essere impiegati in qualche piccolo lavoro di traino e di trasporto per poi essere adibiti da adulti per il trasporto di carichi e persone. Dopo sarebbe arrivato il vero e proprio allevamento e la selezione dei caratteri ereditari per rendere dapprima gli scontrosi e bellicosi cavalli selvatici sempre più docili ed in seguito per renderli più veloci, resistenti ed ubbidienti.

Mentre per quanto riguarda la prima fase della domesticazione, quella avvenuta per scopi alimentari, non si è ancora trovato un punto preciso d’origine, per la seconda, quella a scopo di allevamento e trasporto gli studiosi sono abbastanza sicuri che sia avvenuta circa 6000 anni fa in Ucraina per mano della cultura di Srednij Stog.
Non tutti gli studiosi sono concordi con questa teoria, secondo altri il cavallo sarebbe stato addomesticato circa 5000 anni fa nell’Asia Centrale per mezzo di alcuni popoli come per esempio la Cultura Botai del Kazakistan.
Altri ancora sostengono che il cavallo avrebbe fatto il suo incontro con l’uomo presso alcune popolazioni stanziate nella Penisola Iberica ed in Nord Africa sempre circa 5000 anni fa.

Molto probabilmente l’addomesticazione del cavallo non ebbe un solo punto di origine ma fu un processo incominciato in vari focolai anche molto distanti geograficamente tra loro ma tutti accomunabili ad un periodo temporale compreso tra i 6 ed i 5000 anni fa.
In questi “punti caldi” sarebbero state create alcune delle prime razze equine che poi successivamente vennero ibridate tra loro a mano a mano che le varie culture umane espandevano i propri territori e venivano a contatto per mezzo di commerci, guerre e conquiste.

L’ULTIMO ESEMPLARE DI TARPAN

L’ultimo esemplare accreditato di Tarpan morì in uno zoo russo nel 1909. Con lui se ne andava l’ultimo cavallo selvatico del nostro pianeta, l’ultimo di una gloriosa stirpe di indomiti ungulati della steppa.

Per quanti riguarda i cavalli “selvatici” moderni c’è una spiegazione.
Infatti non si può parlare di cavalli selvatici veri e propri ma di cavalli ferali, ovvero esemplari domestici tornati a vivere allo stato brado.
E’ così per i Mustang nordamericani, discendenti dei cavalli che gli spagnoli portarono nel nuovo mondo a partire dal 1500, per i cavallini della Giara che furono portati in sardegna dal nord africa dai Fenici e dai Greci, per i cavalli della Camargue e per quelli della Namibia.

E’ cosi anche per i famosi cavalli di Przewalski, una particolare razza di cavalli ferali che sopravvive in siberia, Mongolia, Kazakistan ed Ucraina.
La particolarità di questi cavalli è che il loro aspetto ricorda un Tarpan purosangue al 100%. C’è tutto: pelo ispido, mantello falbo, criniera a spazzola, corporatura massiccia e compatta e gambe forti e robuste.
Scoperti nel 1881 dal generale ed esploratore russo Nikolaj Przewalski, fino a qualche tempo fa erano considerati gli unici veri discendenti dei Tarpan che un tempo correvano in tutta l’Eurasia liberi.
Le ultime ricerche sulla genetica di questi ungulati però parrebbero smentire questa romantica teoria: secondo questi studi il cavallo di Przewalski sarebbe discendente dei cavalli addomesticati dal popolo dei Botai circa 5000 anni fa nelle praterie del Kazakistan. Quando la cultura Botai scomparve nel 3100 a.C. i cavalli da loro addomesticati sarebbero tornati a vivere allo stato brado conservando però il loro aspetto ancora “selvatico”.

Purtroppo gli unici cavalli selvatici che possiamo ammirare oggi giorno sono rimasti quelli dipinti sulle pareti delle grotte di Lascaux ed Altamira per opera dei nostri antenati, attenti e scrupolosi cronisti di un tempo lontano, in cui i Tarpan dominavano le steppe eurasiatiche.

© 2020 Diorama Nature
Prodotto e Realizzato da: Simone Zoccante e Antonio Di Meglio
Testi: Simone Zoccante
Riprese: Antonio Di Meglio
Montaggio: Antonio Di Meglio
Regia: Simone Zoccante / Antonio Di Meglio

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