Nella puntata di oggi parleremo del Santuario Pelagos e delle Riserve Marine Protette.
Vedremo un esempio virtuoso di protezione attiva dell’ambiente da parte dell’uomo.

La Riserva Naturale Marina Pelagos si trova al largo delle coste della Toscana, della Liguria, del Principato di Monaco e del sud della Francia. 

Lo scopo principale di questa riserva e proteggere le specie marine dall’estinzione, in particolare, i cetacei.

Perché ho scelto di parlarvene?

Avete sicuramente sentito la notizia che in Giappone, dopo 31 anni di fermo, è stata riaperta la caccia alle balene. E’ una notizia che fa continuamente discutere, per fortuna, qua in Italia, abbiamo questa riserva che si impegna concretamente per proteggere i mammiferi marini che la abitano. 

E un altro dei motivi per cui ho scelto di parlare di questo ambiente e di questa riserva è perché io l’ho vista molto da vicino infatti, per 19 anni, io ho vissuto sull’Isola d’Elba, all’interno della fascia di mare adibita a Santuario. 

STORIA DI UN AVVISTAMENTO

Nelle cronache locali dell’Isola d’Elba non sono rare le notizie di avvistamenti di cetacei, delfini, tursiopi e delle volte anche di piccoli capodogli ed è proprio da un’esperienza di avvistamento che nasce proprio l’esigenza di volervene parlare.

Infatti, avevo circa 12 anni e mi trovavo sulla motonave-acquario Nautilus, un grande “traghetto” dalla portata di circa 200 persone che naviga tra le acque dell’Arcipelago Toscano con il compito di valorizzare l’ambiente costiero e sottomarino. L’unicità di questa nave risiede nello scafo. Infatti, nello scafo della nave sono montati dei grandi vetri che permettono di vedere con tranquillità quello che accade nella vita sottomarina.

Come dicevo, ero sul Nautilus, con i miei compagni della scuola media, quando ad un certo punto vediamo al livello dell’acqua qualcosa che salta fuori dal mare e che si muove in maniera molto vigorosa. Il capitano della nave se ne accorge, e mantenendo un andatura lenta, ma costante, continua nella direzione segnata da questi animali.

Questi animali rendendosi conto che la nave procedeva ad una velocità lenta e quindi non sentendosi in pericolo  hanno iniziato ad avvicinarsi a noi. E’ stato incredibile. Nel giro di pochi minuti abbiamo avuto la fortuna di vedere da vicino delfini che saltavano e giocavano con le onde che si creavano.

Quel momento è stato catartico e mi ha suscitato un emozione talmente intensa che ancora oggi conservo con preziosa tenerezza. Un momento così unico e magico mi ha spinto a chiedermi come proteggere la bellezza di questi incontri fortuiti e di come poter permettere alle persone del futuro di poterne godere e di poterle tramandare. 

Ed è da queste sensazioni condivise da biologi e appassionati del mare che poi ha avuto origine quello che noi adesso chiamiamo Santuario Pelagos.

Isola d’Elba

Quindi, nella puntata di oggi scopriremo:

  • Come si crea una Riserva Naturale Marina Protetta come questo Santuario
  • Come è nato e si è sviluppato il progetto Santuario Pelagos
  • Quali sono i diritti e i doveri che riguardano i comuni che aderiscono a questo progetto.

Per parlarvene in questa sede vi riporterò alcune delle informazioni date dall’ambasciatrice di questo progetto, Monica Corte, nella conferenza svolta nel 2018 nel comune di Chiavari.

 IL SANTUARIO

In questa conferenza, la prima cosa che viene portata all’attenzione è il termine Santuario. E’ un luogo in cui i cetacei sono molto presenti durante la loro vita. 

Come mai questo luogo è stato adibito a Santuario, a luogo ideale?

Perché presenta tutta una serie di caratteristiche ambientali che favoriscono la prolificazione dei cetacei. 

Partiamo dal punto di vista del territorio.

Le acque del Santario Pelagos si estendono per 87500 km quadrati. Comprendono ben 2022km di litorale. e come potete vedere dalla cartina a lato sono tanti i comuni che aderiscono a questo progetto. L’adesione al progetto è, però, volontaria e quindi, per potersi fregiare del titolo di partecipante al Progetto Pelagos sono necessarie delle azioni specifiche per proteggere l’ambiente.

Sono tanti i comuni che aderiscono al Santuario Pelagos, ma altrettanti sono i comuni che ancora scelgono di non aderire a questa carta di partenariato dalle regole ben definite nell’ottica di protezione dell’ambiente.

L’INIZIO DI TUTTO

Tutto ha avuto origine agli inizi degli anni ‘80 del 1900, quando molti appassionati del mare insieme a ricercatori e biologi hanno osservato una maggior presenza di cetacei nelle acque tra Corsica, Francia e Italia.

In particolare, siamo intorno all’anno 1986 quando Tethis Research Institute inizia una massiccia campagna di sensibilizzazione nei confronti delle attività umane che in quegli anni compromettevano la sopravvivenza dei cetacei delle nostre acque.

Attività nocive come, ad esempio, l’utilizzo di un determinato tipo di rete di pesca che imbriglia non solo i pesci, ma anche delfini e tartarughe, di cui la pesca non è autorizzata.

Un piccolo inciso per una maggiore comprensione del tema in esame.
La pesca, l’uso commerciale delle acque e del litorale, la protezione delle specie marine protette sono temi delicati e che spesso danno origine a controversie. Spesso non è possibile trovare una soluzione che vada bene a tutte le parti coinvolte.
Nel caso in questione troviamo forti contrasti tra ricercatori che studiano le specie marine e desiderano per loro il miglior ambiente possibile ed invece i pescatori che sebbene desiderino la protezione delle acque in cui lavorano vogliono anche poter esercitare la propria professione per dar da mangiare alle proprie famiglie e i propri paesi, grazie all’indotto generato dal mercato ittico.
La questione è spinosa e non può essere racchiusa in poche righe. Per un maggiore approfondimento dal punto di vista scientifico con interessanti spunti statistici sulla pesca e l’influenza dell’impatto umano sulle specie ittiche vi rimando all’intervento di Willy Guasti (in arte ZooSparkle) dal titolo “Stiamo pescando troppi pesci?”. L’intervento è stato tenuto in occasione della serata conclusiva della settimana dell’ambiente organizzata da Fridays for Future – sezione Cesena.

Che soluzione trovare in questo forte contrasto per la gestione del mare e delle sue risorse? A nostro modo di vedere, l’unico modo per veramente proteggere e preservare entrambi i tipi di attività è quello di fare una costante e corretta informazione.

Nell’ambito della pesca, ad esempio, per permettere con più facilità la riproduzione e la crescita della fauna ittica sono stati istituiti blocchi stagionali all’attività ittica e norme comportamentali che obbligano i pescatori a rilasciare tutto quel pescato che è inferiore ad una certa dimensione. Nel caso della pesca commerciale, dove non è possibile in maniera rapida ed efficiente rilasciare in mare subito tutti i pesci sottotaglia è stato istituito invece l’obbligo di usare reti con maglie più grandi. 

Quindi, introdotto questo argomento, noi con Diorama vogliamo portare informazione per permettere un dialogo maggiore fra le varie parti. Torniamo quindi alla storia della fondazione del Santuario Pelagos

LA FONDAZIONE DEL SANTUARIO PELAGOS

Negli anni 80 la consapevolezza di una maggiore presenza di cetacei nelle acque del “santuario” ha dato il via alla redazione di tantissimi documenti sulle osservazioni di queste acque. E portando questi dati alle varie regioni coinvolte, tra il 1999 e il 2002, si riesce quindi a creare l’accordo Pelagos. L’accordo Pelagos che ha portato alla definizione di queste acque marine come Santuario Protetto. 

In particolare, nel 2001, il Santuario Pelagos, entra a far parte dell’ASPIM, acronimo che sta per Area Specialmente Protetta di Importanza Mediterranea. Un’area marina riconosciuta dai 21 paesi del Mediterraneo. 

L’anno successivo, nel 2002, viene riconosciuta anche dall’Accobams ovvero dall’Ente Protezione Cetacei del Mediterraneo, Mar Nero e dell’Atlantico e zone limitrofe. 

Passano gli anni e arriviamo al 2006, quando viene istituito un segretariato permanente. Ovvero, si decide di mettersi a tavolino ogni 2 anni e grazie anche a un comitato scientifico tecnico si inizia a discutere concretamente, ancora di più, per la salvaguardia di questi ambienti. 

E quindi nel 2009-2010, questa responsabilità diventa ancora maggiore e, grazie al comitato scientifico tecnico, si istituisce una carta di partenariato. Ovvero, una serie di regole da seguire per poter fregiarsi del titolo di partecipante al Progetto Pelagos. 

In particolare, i comuni costieri che decidono di farne parte devono seguire queste semplici regole. 

1 – Limitare la motonautica veloce perché i mezzi che vanno molto veloce diventano pericoli concreti e creano disturbo ai cetacei che vivono queste acque. 

2 – Limitare l’inquinamento acustico. Come sappiamo, i cetacei utilizzano molto il suono per potersi orientare e per poter localizzare le prede. E quindi, un elevato inquinamento acustico influisce negativamente sulla loro attività di caccia e sul loro orientamento. 

3 – Ridurre l’inquinamento chimico, per ovvie conseguenze ambientali. 

4 – Ridurre i lavori edilizi costieri, ovvero, basta nuove costruzioni e recuperare quelle già esistenti. 

Abbiamo dunque visto cosa deve fare un comune che decide di partecipare al Progetto Pelagos per proteggere i cetacei che vivono nelle sue acque e quindi potenzialmente per poterne ospitare in maggior quantità per maggior tempo. Vediamo adesso, invece, quali sono le minacce che questi animali devono ogni giorno affrontare e evitare.

LE MINACCE

1 – Le reti da pesca

La maggiore minaccia che i grandi abitanti del mare devono evitare è quella delle grandi reti da pesca, che sebbene non siano indirizzate a loro, possono costringerli a restare per molto tempo sott’acqua e sappiamo bene che un cetaceo, essendo un mammifero, ha bisogno di dover uscire dall’acqua per poter respirare quindi, se rimane per troppo tempo sott’acqua, non può sopravvivere. 

D’altra parte le reti da pesca, se non pescano i cetacei stessi, pescano il loro nutrimento Quindi, una sovrappesca porta ad un impoverimento delle loro risorse alimentari e, quindi, per i cetacei è più difficile sopravvivere in quelle zone. 

2 – Urbanizzazione del litorale

Altra minaccia è quella della urbanizzazione del litorale che incentiverà tutta una serie di attività tra cui inquinamento acustico o chimico che vanno ad impoverire le risorse ittiche e ambientali di quella zona costiera. 

3 – Collisioni accidentali
Una persona poco informata può dire che l’area marina del mediterraneo è talmente vasta che è impossibile che una nave vada a scontrarsi contro un cetaceo, ma è davvero così?

Se osserviamo questa cartina, in realtà, notiamo che nelle acque mediterranee, ogni giorno, ci sono più di 200mila imbarcazioni che transitano nelle acque del Mediterraneo. Nella piccola zona del Santuario queste imbarcazioni sono ben più di 9000, rendendo di fatto alte le possibilità di collisioni accidentali.

Fortunamente, la ricerca scientifica sta creando nuovi strumenti di rilevazione per poter adattare le rotte marine ed evitare i cetacei presenti sulle stesse rotte.

4 – Osservazione delle balene non regolamentata

Ultima minaccia che i cetacei si trovano a dover affrontare è quella del Whale Watching non regolamentato. Ricordate quando all’inizio vi ho detto che anch’io ho visto dei cetacei dal vivo? 

Nelle acque, soprattutto, della Liguria sono presenti molte imbarcazioni che svolgono come attività principale quella dell’osservazione delle balene e dei cetacei. Effettivamente, l’emozione di vedere questi animali è grandiosa, ma se fatta in maniera superficiale, sconsiderata, o anche arrogante può mettere a rischio questi animali che sentendosi minacciati e invasi nel loro territorio possono decidere di non presentarsi più in queste acque. 

E questo sarebbe una doppia sconfitta per loro perché le acque del Santuario sono comunque favorevoli dal punto di vista ambientale ed ecologico inoltre, essendo acque protette se ne uscissero si ritroverebbero davanti maggiori minacce da parte dell’uomo.

Quindi, l’Accobams, ha stabilito delle regole di condotta per l’osservazione dei cetacei e ha certificato alcune imbarcazioni come osservatori qualificati.

Quando vedete questo logo vuol dire che l’associazione che svolge il whale watching segue le seguenti regole di condotta ovvero:

– Mantenersi ad una distanza di almeno 100 metri dal cetaceo

– Condurre un’andatura inferiore ai 5 nodi di velocità 

Quindi, se anche voi volete provare l’emozione di vedere dal vivo questi cetacei liberi nella natura e volete poter godere della bellezza dell’incontro con loro caldamente vi consigliamo di trovare delle imbarcazioni che hanno questo logo certificato.

Fateci sapere qua nei commenti che cosa ne pensate e se anche voi avete visto dal vivo dei cetacei. Noi cercheremo di portarvi altre informazioni, magari dall’interno, riguardo questo argomento. Dateci giusto il tempo di organizzarci con gli enti che si occupano di preservare questo ambiente, perché chi meglio di loro può mostrarci e insegnarci cosa significa proteggere questi bellissimi animali?

Detto questo vi ringrazio per la lettura.

Antonio Di Meglio