FORESTA NUVOLOSA DI MONTEVERDE, COSTARICA, POCO PRIMA DEL TRAMONTO
La frescura serale spinge gli animali ad uscire dai rifugi in cui hanno evitato la calura diurna e dirigersi alla pozza dell’acqua per abbeverarsi. Rane freccia tanto variopinte quanto letali compaiono come gemme rare sulle enormi foglie umide contrastando, con i loro colori mesmerizzanti, il verde mare della foresta. Dalla canopia provengono le grida gracchianti degli ara ed i cupi ruggiti delle scimmie urlatrici che a loro modo salutano il giorno morente prima che calino le silenziose e furtive tenebre.
Una piccola famiglia di Pecari dal collare (Pecari tajacu) si raduna attorno ad una piccola pozza d’acqua fangosa prima di addentrarsi nel fitto della selva alla ricerca di tuberi e radici succulente. I maialini nati da poco zampettano nel fango ignari dei pericoli della foresta, protetti dal pessimo carattere dei genitori, che nonostante le dimensioni ridotte, sono tra i fitofagi più temuti di tutta l’America latina.
La famigliola di piccoli suini combattivi ancora non sa che dietro un tronco marcescente un grosso Giaguaro (Panthera onca) sta preparando il suo agguato.
Il grosso felino è un fascio di muscoli pronti a guizzare sotto il bellissimo mantello a larghe rosette nere; il suo obiettivo? uno dei piccoli pecari, quello che durante la frenesia dell’attacco verrà lasciato indietro dei genitori spaventati.
Il giaguaro osserva la sua preda, valuta la distanza e finalmente decide di attaccare, con un balzo scavalca il tronco marcio, pronto a scagliarsi sullo sventurato maialino. La famiglia di pecari, alla vista del predatore, si imbizzarrisce ed immediatamente cerca con lo sguardo la via più breve per sfuggire agli artigli del felino che ormai si sta preparando per il balzo fatale.
Dall’altra parte del vetro un ragazzino sui 13 anni osserva la scena a bocca aperta, i suoi occhi sono colmi di meraviglia nel vedere i colori della foresta amazzonica presentarsi generosi alla sua vista. Il lavoro dei tassidermisti e degli artisti che hanno composto il diorama è stato così meticoloso che il giovane riesce a vedere la paura nello sguardo dei pecari, percepisce la bramosa concentrazione nella posa del giaguaro e sente quasi sulla sua pelle il pathos della scena e l’umidità dell’aria serale della giungla.
La sala del museo è vuota fatta eccezione per una guardia che di tanto in tanto fa capolino tra i corridoi del padiglione per accertarsi che tutto sia al proprio posto, quasi come se le schiere di animali imbalsamati potessero andare da qualche parte.
Il ragazzino è solo, ma questo non gli interessa, anche se fosse circondato da centinaia di persone rumorose non distoglierebbe comunque lo sguardo e l’attenzione dal bellissimo diorama da cui è stato rapito. Ormai con la mente sta passeggiando sotto la volta arborea della foresta pluviale per scoprire misteriosi animali tropicali ed imparare i loro segreti.
Ridestatosi dal suo viaggio fantastico il ragazzo conclude il suo giro del museo e, una volta trovata l’uscita, si allontana dall’edificio.
Il giovane sulla via di casa ripensa alle cose imparate nella sua visita al Museo di storia naturale e ripercorre con la mente i luoghi esplorati e le specie animali che ha incontrato durante i suoi viaggi. Ancora non lo sa, ma non è più la stessa persona che quel pomeriggio è uscita di casa. La sua visione del mondo è cambiata. Ora sa che là fuori al di là dei palazzi del centro, oltre le fabbriche ed i prefabbricati della periferia, dove le autostrade, le tangenziali e i viadotti si interrompono, al confine delle mappe, c’è un mondo selvaggio pieno di affascinanti segreti da scoprire, un mondo raccontato nella pagine dei libri, raffigurato nelle illustrazioni, e svelato nei documentari, lo stesso mondo che ha osservato nei diorami del museo di storia naturale qualche decina di minuti prima.